Dal 2000, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n.66, il lavoro comportante esposizione a polveri di legno duro è stato di fatto incluso tra le lavorazioni a rischio cancerogeno per l’uomo, in quanto l’esposizione a tali sostanze può causare l’insorgenza di diverse patologie se inalate per via aerea.
Le polveri di legno possono essere dure o tenere. Le polveri di legno duro, provenienti da determinati tipi di legname, sono considerate nocive e possono causare patologie tumorali di origine epiteliale. Queste malattie, rare nel complesso, si manifestano con maggiore frequenza (circa 5-10 volte) nei lavoratori del legno. Il periodo di latenza stimato è di 20-40 anni, con un'età di insorgenza compresa tra i 55 e i 70 anni. Oltre alle neoplasie maligne, sono riconosciute altre patologie come tosse secca, tosse cronica, raffreddori ricorrenti, irritazione di occhi e naso, e l'asma, tutte associate al lavoro del legno.
Le professioni a rischio di esposizione alla polvere di legno duro sono prevalentemente legate al settore della produzione e lavorazione del legname, in particolare nei processi come decorticamento, segatura, levigatura, piallatura, profilatura, carteggiatura, spolvero e assemblaggio. Questo rischio coinvolge falegnami, mobilieri, boscaioli, operai forestali e carpentieri in legno. La produzione di mobili, infissi e altri manufatti in legno comporta spesso l'esposizione ad agenti chimici pericolosi come polveri, aerosol e vapori, con il rischio principale associato all'inalazione. Gli agenti chimici possono derivare sia dall'uso diretto (vernici e solventi) che dal processo lavorativo (produzione di polveri durante carteggiatura, levigatura, ecc.).
Le polveri di legno, con un diametro compreso tra 10 e 30 millesimi di millimetro nelle lavorazioni meccaniche, rappresentano un rischio significativo. La loro estrema finezza facilita la dispersione nell'aria, l'inalazione e la penetrazione nei tessuti esposti. Il pericolo cancerogeno è associato alla frazione inalabile delle polveri aerodisperse, e la loro dimensione microscopica consente loro di agire a livello cellulare, attraverso meccanismi meccanici, allergici e tossici, mettendo a rischio la salute complessiva dell'organismo.
L'esposizione alle polveri di legno può spesso implicare anche l'esposizione a sostanze chimiche come la formaldeide, comunemente usata nel settore della falegnameria per la produzione di vari tipi di legno. Questa esposizione può verificarsi durante la lavorazione di legno multistrato, lamellare, truciolato e compensato, nonché nella produzione di mobili, arredamenti, restauro e riparazione di mobili e infissi in legno, e verniciatura di arredi e pavimenti in legno. Vi è anche la possibilità di esposizione all'amianto, una fibra precedentemente utilizzata nell'industria del legno e del sughero per la produzione di compensati e pannelli.
Le patologie tumorali associate alle polveri di legno duro sono riconosciute dall'INAIL come ad alta probabilità di origine lavorativa nel Gruppo 6 dei tumori professionali. Queste patologie includono tumori delle cavità nasali, del nasofaringe e dei seni paranasali. Le falegnamerie, sempre più integrate con utilizzatori finali del legno, devono affrontare non solo le polveri di legno duro, ma anche sostanze organiche volatili generate da trattamenti al legno.
Per mitigare tali rischi, è essenziale attuare e rispettare misure di sicurezza specifiche, come l'uso di sistemi di prevenzione ambientale (ad es. impianti di aspirazione) e dispositivi di protezione individuale (ad es. apparecchi di protezione delle vie respiratorie).
Per proteggersi contro le polveri di legno sono necessari facciali filtranti con protezione FFP2/FFP3. Si consiglia però l'uso di facciali filtranti FFP3 con efficienza superiore al 98%, insieme a sistemi di protezione contro l'inalazione di vapori e gas. Questi includono filtri del tipo A ed AX, che proteggono rispettivamente da gas e vapori organici. Queste misure di protezione individuale si aggiungono a sistemi collettivi come la ventilazione forzata e l'aspirazione localizzata.